varie
Videocronaca della discesa più recente
Hydrospeed a Marmore,
una curiosità, una sfida
Coinvolto nell'Alta
Specializzazione del Salvamento fluviale FIN, sono portato ad
affrontare argomenti tecnici che non fanno parte della mia formazione
passata e, per quanto mi sia adoperato a studiare per mettermi al
passo, avverto la carenza di sensazioni mai percepite che mi sarebbero
molto utili in questa crescita.
Da qui la decisione di seguire un buon corso di
hydrospeed al fine di acquisire competenze comportamentali nel mondo
dell'acqua viva.
Ho a poche decine di minuti dalla mia residenza il
centro rafting LE MARMORE; contatto il responsabile tecnico Umberto
(Maestro A.I.Hydro...e una sfilza di altre competenze specialistiche):
un giovane robusto e scattante, deciso, schietto ma cortese e loquace
abbastanza per stabilire la giusta complicità. Nei quattro
giorni di frequentazione ho saputo di molte esperienze da lui vissute
in molti fiumi nel mondo, ma non perchè le ostentasse,
tutt'altro.
"Viviamo una doppia sfida" -mi dice il secondo
giorno, mentre io, dopo un passaggio impegnativo, riprendo fiato in una
morta- "la mia di impegnarmi con un allievo della tua età,
la tua di non aver certo scelto l'età più idonea
per portare a frutto questa esperienza".
Gli obbiettivi che programmiamo non sono quelli di
una discesa commerciale: io, pur godendo delle sensazioni forti
trasmesse dalla discesa, non intendo appagarmi di queste, ma voglio
capire come destreggiarmi nella corrente e nei fenomeni dell'acqua
viva; per quanto consentito dalle poche sedute, voglio comprendere cosa
succede. Lui ha piacere poter comunicare competenze a un orecchio
attento e abbastanza introdotto a problematiche di sicurezza e
idro-dinamicità.
La progressione di lavoro parte da uno schema
abituale: accurata seduta teorica con storia ed evoluzione della
disciplina, disposizioni generali per avere un'idea del da farsi,
rafforzamento di alcuni concetti fondamentali di tecnica, di sicurezza,
di autosoccorso; l'esame di differenti materiali tecnici e una
descrizione della loro evoluzione. Poi, dopo la descrizione, la
consegna e il controllo dei materiali, passiamo alla vestizione e
infine al trasferimento al punto di partenza.
sintesi tecnica del percorso |
Questo tratto di fiume Nera
è subito a valle della cascata: una
lunga gola dalle pareti rocciose alte e strette, con
un'acqua abbastanza veloce e tumultuosa con pochi brevi tratti
tranquilli tra un salto, una rapida, una strettoia...
|
Le nostre discese si sono svolte a segmenti,
utilizzando la sosta nelle morte, per commentare il mio
comportamento nella difficoltà appena superata e per
impostare il comportamento da adottare nella situazione successiva.
La difficoltà più
grande che ho avuto è stata nel fatto che raramente mi
trovavo ad affrontare un unico problema alla volta e, dunque, spesso ho
perso la concentrazione e la
prontezza necessarie per superarli tutti (e due o tre) "decentemente":
dopo la buona esecuzione nel superamento del primo ostacolo, seguiva
spesso un errore che comprometteva il passaggio immediatamente
collegato!
Ricevevo le indicazioni adeguate per percorrere il
tratto in funzione delle difficoltà in esso contenute, ma
poi non riconoscevo al momento giusto la situazione in cui adottarle
(la prospettiva tra la ricognizione da riva e la visione a pochi
centimetri dalla superficie mentre scendi, è molto
differente!), con la conseguenza di finire proprio nelle traiettorie
che avrei dovuto evitare.
Detta così sembra che io sia sceso come
un barattolo vuoto; in realtà nonostante
l'esperienza sia stata breve, l'impegno e l'attenzione sono state buone
e -come si sa- dagli errori analizzati con crudezza si impara molto
più che dalle esecuzioni casualmente corrette.
Rispetto alle aspettative devo dire che adesso
quando penso a una eddy
line,
non vedo una semplice demarcazione
tra due flussi contrari di corrente, ma piuttosto sento la
fatica
che ho dovuto fare per penetrarla (specialmente quando sbagliavo
l'angolo di attacco -o la pancia-; oppure quando decidevo di ridurre la
pinneggiata per essere entrato con l'hydro e invece venivo tirato a
valle poichè ancora fuori con tutto il corpo).
Di un salto non penso alla massa d'acqua,
ma piuttosto al tuffo con il capo, necessario a infilarsi sotto l'onda
di
ritorno per uscirne oltre, sparato in superficie in un tripudio di
schiuma.
Il primo giorno navigando nell'acqua
viva, credo non riuscissi a vedere più del 10% di
ciò che avrebbe dovuto interessarmi; ma nell'ultima discesa
Umberto spesso si teneva dietro e, nella discussione di rivisitazione
dell'operato ha evidenziato molte critiche, ma anche alcuni elogi
(spero non di cortesia!).
Mi sono convinto senza dubbi -e talvolta con...
dolore-
dell'energia che possiede il fiume e dell'inevitabilità di
adottare strategie di assecondamento: nel fluire della corrente -che va
sempre diritta-, nel superamento dei sassi -che sono fermi e
terribilmente duri!
A questa sono seguite molte altre discese: non ho
la pretesa di sentirmi esperto, ancora scendo con molti errori, ma ho
coscienza delle difficoltà, di molte problematiche e di
alcuni espedienti tecnici che migliorano la sicurezza e il divertimento.
Scendi
con me dai Tre Salti
(videoclip soggettiva dal mio casco)
<<< entravarie